Ammissione e offerta formativa UNICAL

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Procedure antiviolenza

Presentazione del libro Bisagno il fiume nascosto, prof. Renzo Rosso, 2 marzo 2015

Le alluvioni in città

Lunedì 2 marzo, ore 16,30 presso la Fondazione Attilio e Elena Giuliani

Lezione magistrale del prof. Renzo Rosso (Politecnico di Milano) e presentazione del libro “Bisagno – il fiume nascosto”.

Alla lezione magistrale segue una tavola rotonda coordinata dal prof. Paolo Veltri, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università della Calabria, cui partecipano i proff. Umberto Fratino, direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, del Territorio, Edile e di Chimica del Politecnico di Bari, Francesco Macchione, Coordinatore del Dottorato di Ricerca in Ingegneria Idraulica per l’Ambiente e il Territorio, Paolo Mignosa, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile, dell’Ambiente, del Territorio e Architettura (DICATeA) dell’Università degli Studi di Parma, Massimo Veltri, ordinario di Idraulica dell’Università della Calabria.

La lezione magistrale trae spunto dalla presentazione del libro sulle alluvioni della città di Genova e sui disastri ambientali che avvengono con ripetuta frequenza nei centri urbani, sempre più esposti a eventi che sono solo in parte la conseguenza di effetti climatici e che, invece, devono ascriversi a vere e proprie violenze subite dai fiumi in ambiente urbano e periurbano, costringendo i corsi naturali a restringimenti, canalizzazioni, deviazioni di percorso che hanno profondamente alterato il loro stato. Il tutto è avvenuto in contemporanea alla crescita delle aree urbanizzate che, già da sola, è all’origine dell’aumento dei deflussi superficiali.

A partire dalle recenti alluvioni di Genova, gravi perché hanno messo a nudo tutto un insieme di fenomenologie fisiche, procedurali, comportamentali che possono replicarsi in qualsiasi momento in qualsiasi posto d’Italia e in Calabria ancora di più, la riflessione che nasce dalla lettura del libro è a cavallo fra la cronaca, la storia, la saggistica. Una pioggia violenta e intensa (giusto per usare termini giornalistici) di 400 mm in un solo giorno è la manifestazione di eventi frutto di mutamenti climatici ai quali ci dobbiamo abituare (tanto per capirci la precipitazione media in Calabria è di 1000 mm all’anno), ma non può creare alibi per coloro che dovevano difendere il territorio e non l’hanno fatto.

Per la prevenzione del rischio idrogeologico, la Calabria approvò nel 2010 un piano straordinario – APQ – di 220 milioni di euro, con i quali non si sarebbe certo messo in sicurezza un territorio di per se sfasciato e frantumato e reso ancor più vulnerabile dall’abbandono delle terre, dalla cementificazione selvaggia, da crescite urbanistiche senza alcun senso, da occupazioni del suolo sbagliate, ma si sarebbe dato un chiaro segnale di inversione di tendenza.

L’arroganza derivante dalla convinzione che con le conoscenze e le tecnologie moderne si potesse fare a meno del rispetto del territorio e della cura, che gli antichi guardiani della natura (contadini, stradini, cantonieri, guardie forestali) avevano come compito, ha portato a situazioni in cui ognuno ha alibi per quello che non fa o che ha fatto male o che ha fatto fuori tempo massimo.

Manca forse la cultura dei problemi? Manca la conoscenza? Manca una classe tecnica in grado di enucleare i problemi e porre soluzioni per essi? L’Unical laurea ogni anno decine di laureati in ingegneria e geologia con solida preparazione nel campo civile, ambientale, geologico, che spesso vengono adoperati come manovalanza intellettuale per reggere un sistema amministrativo e burocratico che è al collasso. Tutto accade in presenza di norme che, invece di agevolare l’azione, la frenano, la rallentano, la rendono talvolta impossibile. Una miriade di norme, in luogo di rendere più trasparente i processi di approvazione e controllo delle opere, finisce col provocare stalli e confusione: ciascun portatore di interessi, legittimi e meno legittimi, esercita i suoi interventi non “ad adjuvandum”, ma in senso talvolta distruttivo.

Che fare, allora? Ci sono troppe leggi, troppi regolamenti stridenti e fra loro non convergenti, troppi controlli incrociati spesso formali e concepiti solo per dare poteri di veto e basta, chi dovrebbe decidere è spesso terrorizzato da errori che rischia di pagare di persona sul piano penale. Insomma, è necessario un intervento davvero straordinario, di norme, procedure, coscienze, intelligenze e chi ha potere ha il dovere di esercitarlo.